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Il mio vicino Totoro

Il mio vicino Totoro

 

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Un profilo aggraziato, tondeggiante e allo stesso tempo enigmatico campeggia su uno sfondo blu intenso: lo strano animale è il simbolo dello Studio Ghibli e inaugura la sua produzione nel 1988. Solo a 21 anni dall’uscita giapponese il lungometraggio di Hayao Miyazaki Il mio vicino Totoro arriva nelle sale italiane in una versione restaurata e doppiata, quando, cioè, il successo dello Studio è già consolidato. Il lungometraggio, della durata di 86 minuti, rappresenta in apparenza la schiera più debole della produzione dell’autore e dello studio, e questo per via delle tematiche e dei richiami ad un pubblico prettamente infantile, dunque meno stratificato. Una sorta di parentesi lieve dopo la durezza espressiva e la la complessità visiva di Nausicaa della Valle del vento, proiettato decisamente oltre l’infanzia.

La storia ha per protagoniste due sorelle di circa 4 e 11 anni, e nei loro volti è già possibile rintracciare quei tratti archetipici fortemente caratterizzanti che ritroveremo anche in altre pellicole: un viso leggermente allungato e una figura svelta per la sorella maggiore, uno paffuto e dominato dalle sue espressioni  in continua evoluzione per la più piccola. Tipici sono anche i visi degli adulti, dai tratti maggiormente induriti ma riconoscibili, e degli anziani, con nasi importanti e occhi allungati in fattezze atteggiate a stupore e rassicurante dolcezza. Le due bambine si trasferiscono in una casa di campagna assieme al padre, e solo più avanti nel corso della pellicola verrà svelato il motivo dell’assenza della madre. Solo i loro occhi infantili, e in particolare quelli di Mei, riescono a notare delle presenza che sfuggono al padre e all’anziana vicina, che però è consapevole di ciò che accade. Esserini di pulviscolo nero si agitano incessantemente sbucando fuori dalle fessure e da ogni infisso, dominando gli occhi strabuzzati di un’inizialmente terrorizzata Mei, L’accettazione di quel movimento e di quel ronzio inquietanti è il primo passo per orientarsi in un ambiente nuovo, durante la prima tappa di un processo di crescita in cui la sorella più grande affianca la piccola.

(Fine prima parte)